Lingua del documento : ECLI:EU:C:2022:348

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

5 maggio 2022 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Dissimulazione fraudolenta dell’imposta dovuta – Sanzioni – Normativa nazionale che prevede una sanzione amministrativa e una sanzione penale per i medesimi fatti – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 49 – Articolo 50 – Principio del ne bis in idem – Articolo 52, paragrafo 1 – Limitazioni apportate al principio del ne bis in idem – Requisito della previsione di norme chiare e precise – Possibilità di prendere in considerazione l’interpretazione della legislazione nazionale da parte dei giudici nazionali – Necessaria previsione di norme che assicurino la proporzionalità dell’insieme delle sanzioni inflitte – Sanzioni di diversa natura»

Nella causa C‑570/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia), con decisione del 21 ottobre 2020, pervenuta in cancelleria il 28 ottobre 2020, nel procedimento penale a carico di

BV

con l’intervento di:

Direction départementale des finances publiques de la Haute-Savoie,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, I. Ziemele, T. von Danwitz (relatore), P.G. Xuereb e A. Kumin, giudici,

avvocato generale: M. Campos Sánchez-Bordona

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per BV, da L. Goldman, avocat;

–        per il governo francese, da E. de Moustier e A. Daniel, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da A. Armenia e C. Ehrbar, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 9 dicembre 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento penale a carico di BV relativo a reati in materia tributaria, in particolare in materia di imposta sul valore aggiunto (IVA).

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1), determina le operazioni soggette all’IVA.

4        Ai sensi dell’articolo 273, paragrafo 1, della direttiva medesima:

«Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera».

 Il diritto francese

5        L’articolo 1729 del code général des impôts (codice generale delle imposte), nella versione applicabile alla data dei fatti del procedimento principale (in prosieguo: il «CGI»), così dispone:

«Le inesattezze o le omissioni riscontrate in una dichiarazione o in un atto che si riferiscono ad elementi rilevanti per la base imponibile o per la determinazione dell’imposta, nonché il rimborso di un credito d’imposta il cui pagamento è stato indebitamente ottenuto dallo Stato, danno luogo all’applicazione di un aumento:

a.      del 40% in caso di violazione dolosa;

(...)».

6        L’articolo 1741 del CGI, nella versione applicabile alla data dei fatti del procedimento principale, risultante dalla legge n. 2010-1658 del 29 dicembre 2010, prevedeva quanto segue:

«Fatte salve le disposizioni specifiche contenute nel presente codice, chiunque eluda o abbia tentato di omettere fraudolentemente l’accertamento o il pagamento totale o parziale delle imposte oggetto del presente codice, non presentando intenzionalmente la dichiarazione dei redditi entro i termini prescritti, dissimulando volontariamente una parte delle somme soggette ad imposta, pianificando la sua insolvenza o altrimenti ostacolando la riscossione dell’imposta o agendo in qualsiasi altro modo fraudolento, è punibile, indipendentemente dalle sanzioni tributarie applicabili, con una multa di EUR 37 500 e con la reclusione di cinque anni. Se i fatti sono stati commessi o agevolati mediante acquisti o vendite senza fattura o con fatture che si riferiscono ad operazioni fittizie, o abbiano avuto per oggetto il versamento da parte dello Stato di rimborsi ingiustificati, il loro autore sarà punito con una multa di EUR 75 000 e con la reclusione di cinque anni.

Tuttavia, in caso di dissimulazione, tale disposizione è applicabile solo se la dissimulazione supera il decimo delle somme soggette ad imposta o la cifra di EUR 153.

Ogni persona condannata ai sensi del presente articolo può essere dichiarata decaduta dai diritti civici, civili e familiari, ai sensi dell’articolo 131-26 del codice penale.

Il giudice può inoltre ordinare la pubblicazione della decisione emessa e la sua diffusione alle condizioni previste dagli articoli 131-35 o 131-39 del codice penale.

(...)».

7         L’articolo L. 228 del livre des procédures fiscales (codice di procedura tributaria) nella versione applicabile alla data dei fatti di cui al procedimento principale, enunciava quanto segue:

«A pena di inammissibilità, le denunce dirette all’applicazione di sanzioni penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di altre imposte sul fatturato, di imposta di registro, sui beni immobili e sulle cessioni patrimoniali e di imposta di bollo sono presentate dall’amministrazione, previo parere conforme della commissione per i reati tributari».

8        Secondo una giurisprudenza costante della Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia), dal combinato disposto dell’articolo 1741 del CGI e degli articoli L. 228 e seguenti del livre des procédures fiscales risulta che, a pena di inammissibilità, i procedimenti penali per frode fiscale possono essere avviati dal pubblico ministero solo su denuncia previa dell’amministrazione tributaria.

9        Con decisioni n. 2016-545 QPC, del 24 giugno 2016, n. 2016-546 QPC, del 24 giugno 2016, n. 2016-556 QPC, del 22 luglio 2016 e n. 2018-745 QPC, del 23 novembre 2018, il Conseil constitutionnel (Consiglio costituzionale, Francia) ha dichiarato che il cumulo di procedimenti e di sanzioni penali e fiscali in caso di dissimulazione di somme soggette ad imposta e in caso di omessa dichiarazione, quale risulta dalle disposizioni degli articoli 1729 e 1741 del CGI, è conforme ai principi di necessità e di proporzionalità dei reati e delle pene. Il Conseil constitutionnel (Consiglio costituzionale) ha infatti enunciato che tali disposizioni «consentono di garantire congiuntamente la tutela degli interessi finanziari dello Stato e l’uguaglianza dinanzi all’imposta, perseguendo finalità comuni, al contempo dissuasive e repressive», che «[i]l recupero del necessario contributo pubblico e l’obiettivo della lotta contro l’evasione fiscale giustificano l’avvio di procedimenti complementari nei casi di frode più gravi», e che «[a]i controlli al termine dei quali l’amministrazione tributaria applica sanzioni pecuniarie, possono così aggiungersi procedimenti penali in condizioni e secondo procedure organizzate dalla legge».

10      Tuttavia, il Conseil constitutionnel (Consiglio costituzionale), alla luce del principio di proporzionalità, ha formulato tre riserve interpretative aventi l’effetto di limitare la possibilità di procedere a tale cumulo, vale a dire,

–        in primo luogo, un contribuente che sia stato esonerato dall’imposta con decisione giurisdizionale passata in giudicato per un motivo di merito non può essere condannato penalmente per evasione fiscale;

–        in secondo luogo, l’articolo 1741 del CGI si applica solo ai casi più gravi di dissimulazione fraudolenta di somme soggette a imposta, o di omessa dichiarazione. La gravità può derivare dall’importo delle imposte evase, dalla natura dei comportamenti della persona perseguita o dalle circostanze in cui sono intervenuti, e

–        in terzo luogo, se è vero che l’eventualità che siano avviati due procedimenti può portare ad un cumulo di sanzioni, il principio di proporzionalità implica tuttavia che in ogni caso l’importo complessivo delle sanzioni eventualmente inflitte non superi l’importo più elevato di una delle sanzioni irrogate.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

11      BV ha esercitato la professione di esperto contabile, sotto forma di ditta individuale, fino al 14 giugno 2011. In tale veste, egli era assoggettato ipso iure all’IVA e, tenuto conto del suo fatturato, era assoggettato alla procedura ordinaria di liquidazione, con presentazione di dichiarazioni mensili.

12      L’amministrazione tributaria ha proceduto a operazioni di verifica contabile per gli anni 2009, 2010 e 2011.

13      Il 10 marzo 2014, l’amministrazione tributaria presentava una denuncia al procureur de la République d’Annecy (procuratore della Repubblica di Annecy, Francia) contro BV, contestando a quest’ultimo di aver presentato una contabilità irregolare, di aver sottoscritto dichiarazioni IVA ridotte omettendo la maggior parte delle entrate incassate, di aver sottoscritto dichiarazioni di utili non commerciali ridotte e di aver sottoscritto dichiarazioni ridotte per il complesso di tutti i redditi dichiarando un utile non commerciale inferiore a quello effettivamente riscosso. Secondo detta denuncia, l’importo dell’IVA evasa ammontava a EUR 82 507 e l’importo dell’imposta sul reddito evasa era pari a EUR 108 883.

14      Al termine di un’indagine preliminare condotta dal procuratore della Repubblica, BV è stato citato dinanzi al tribunal correctionnel d’Annecy (Tribunale penale di Annecy, Francia) per essere processato per i reati di evasione fiscale mediante dissimulazione di importi soggetti all’imposta e di omissione di scritture in un documento contabile.

15      Con sentenza del 23 giugno 2017, il tribunal correctionnel d’Annecy (Tribunale penale di Annecy) ha dichiarato BV colpevole dei reati di cui era accusato, lo ha condannato a 12 mesi di reclusione e ha ordinato la pubblicazione della decisione a sue spese.

16      BV ha interposto appello avverso tale sentenza dinanzi alla cour d’appel de Chambéry (Corte d’appello di Chambéry, Francia). A sostegno del suo appello, egli ha fatto valere che la sua condanna penale era in contrasto con il principio del ne bis in idem sancito all’articolo 50 della Carta, in quanto, per gli stessi fatti, nei suoi confronti era già stato condotto un procedimento di rettifica fiscale che aveva dato luogo all’applicazione di sanzioni fiscali definitive, pari al 40% delle imposte evase.

17      Con sentenza del 13 febbraio 2019, la cour d’appel di Chambéry (Corte d’appello di Chambéry) respingeva l’appello. Detto giudice ha ritenuto che il cumulo di sanzioni penali e fiscali di cui era oggetto BV non fosse contrario all’articolo 50 della Carta, in quanto l’applicazione della normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale rispettava i requisiti risultanti dalla giurisprudenza del Conseil constitutionnel (Consiglio costituzionale) in materia.

18      BV ha impugnato la sentenza della cour d’appel de Chambéry (Corte d’appello di Chambéry) dinanzi alla Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia), giudice del rinvio nella presente causa, facendo valere che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non soddisfa il requisito di chiarezza e di prevedibilità che un cumulo di procedimenti e di sanzioni di natura penale deve rispettare conformemente alla giurisprudenza risultante dalla sentenza del 20 marzo 2018, Menci (C‑524/15, EU:C:2018:197, punti da 49 a 51). Inoltre, egli ha sostenuto che, contrariamente alla giurisprudenza derivante in particolare dalla sentenza del 20 marzo 2018, Garlsson Real Estate e a. (C‑537/16, EU:C:2018:193, punti 56 e 60), detta normativa nazionale non prevede norme che consentano di garantire che la severità dell’insieme delle sanzioni inflitte non ecceda la gravità dell’infrazione constatata.

19      In via preliminare, il giudice del rinvio ritiene che, poiché la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale mira, in particolare, alla lotta contro i reati in materia di IVA al fine di assicurare la riscossione integrale dell’IVA dovuta, essa costituisce una normativa attuativa del diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, cosicché deve rispettare il principio del ne bis in idem sancito all’articolo 50 della stessa.

20      Per quanto riguarda il requisito di chiarezza e di prevedibilità, tale giudice rileva che gli articoli 1729 e 1741 del CGI definiscono con precisione gli atti e gli inadempimenti che possono essere oggetto di procedimenti e di sanzioni penali e tributarie, e che la loro applicazione ha formato oggetto delle tre riserve interpretative formulate dal Conseil constitutionnel (Consiglio costituzionale) ricordate al punto 10 della presente sentenza.

21      Per quanto riguarda, più in particolare, la seconda riserva interpretativa, detto giudice sottolinea di averne definito le modalità di applicazione. Pertanto, qualora l’imputato per evasione fiscale dimostri di essere stato oggetto, a titolo personale, di una sanzione tributaria per gli stessi fatti, spetta al giudice penale pronunciarsi, anzitutto, sulla qualificazione del reato alla luce degli elementi costitutivi previsti all’articolo 1741 del CGI. Spetta poi allo stesso verificare, eventualmente d’ufficio, che i fatti presi in considerazione presentino un grado di gravità tale da giustificare la repressione penale complementare alla repressione fiscale, alla luce dei criteri fissati dal Conseil constitutionnel (Consiglio costituzionale) relativi all’importo delle imposte evase, alla natura dei comportamenti o alle circostanze in cui sono intervenuti. Infine, la decisione sulla gravità deve essere motivata e intervenire prima della scelta e della motivazione delle pene inflitte.

22      Per quanto riguarda la questione se la severità dell’insieme delle sanzioni inflitte sia limitata allo stretto necessario, il giudice del rinvio rileva che, in applicazione della seconda riserva interpretativa emessa dal Conseil constitutionnel (Consiglio costituzionale), la normativa francese limita i procedimenti penali ai reati che presentano una certa gravità, per i quali il legislatore nazionale ha previsto, oltre a una multa, una pena detentiva.

23      Inoltre, in applicazione della terza riserva interpretativa, la facoltà di cumulare le sanzioni sarebbe limitata dall’impossibilità di superare l’importo più elevato di una delle sanzioni irrogate. Tuttavia, il giudice del rinvio precisa che, secondo la propria giurisprudenza, questa terza riserva interpretativa riguarda solo le sanzioni della stessa natura, ossia le sanzioni pecuniarie, in quanto presuppone che il giudice possa procedere al raffronto dei limiti edittali massimi delle sanzioni penali e tributarie irrogate al fine di determinare l’importo più elevato che costituisce il limite massimo. Pertanto, tale riserva interpretativa non si applicherebbe nell’ipotesi di un cumulo di sanzioni pecuniarie tributarie e di una pena detentiva.

24      Alla luce di tali considerazioni, la Cour de cassation (Corte di cassazione) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se il requisito di chiarezza e di prevedibilità delle circostanze in cui le omesse dichiarazioni in materia di IVA dovuta possono essere oggetto di un cumulo di procedimenti e di sanzioni di natura penale sia soddisfatto dalle norme nazionali come quelle precedentemente descritte.

2)      Se il requisito di necessità e di proporzionalità del cumulo di tali sanzioni sia soddisfatto dalle norme nazionali come quelle precedentemente descritte».

 Sulle questioni pregiudiziali

25      Con le sue due questioni pregiudiziali, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto fondamentale garantito all’articolo 50 della Carta, in combinato disposto con l’articolo 52, paragrafo 1, della stessa, debba essere interpretato nel senso che esso osta

–        a che la limitazione del cumulo di procedimenti e di sanzioni di natura penale in caso di dissimulazioni fraudolente o di omissioni dichiarative in materia di IVA, previsto da una normativa nazionale nei casi più gravi, risulti solo da una giurisprudenza consolidata che interpreta, in modo restrittivo, le disposizioni di legge che definiscono le condizioni di applicazione di tale cumulo, e/o

–        a una normativa nazionale che non garantisce, in caso di cumulo di una sanzione pecuniaria e di una pena detentiva, con norme chiare e precise, eventualmente come interpretate dai giudici nazionali, che l’insieme delle sanzioni inflitte non ecceda la gravità del reato accertato.

26      In via preliminare, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, sanzioni amministrative inflitte dalle autorità tributarie nazionali e procedimenti penali avviati per reati in materia di IVA costituiscono un’attuazione degli articoli 2 e 273 della direttiva 2006/112 nonché dell’articolo 325 TFUE e, quindi, del diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, e devono, di conseguenza, rispettare il diritto fondamentale garantito all’articolo 50 di quest’ultima (sentenza del 20 marzo 2018, Menci, C‑524/15, EU:C:2018:197, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

27      In base a tale disposizione, nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge.

28      Nel caso di specie, nell’ambito del procedimento penale principale, BV è imputato per dissimulazioni fraudolente e omissioni dichiarative in materia di IVA nonostante, secondo le indicazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale, gli sia già stata inflitta, per gli stessi fatti, una sanzione amministrativa definitiva, di natura penale ai sensi dell’articolo 50 della Carta. Orbene, un siffatto cumulo di procedimenti costituisce una limitazione del diritto fondamentale sancito da tale disposizione della Carta, dal momento che essa vieta di infliggere, per fatti identici, più sanzioni di natura penale in esito a diversi procedimenti condotti a tal fine (v., per analogia, sentenza del 20 marzo 2018, Menci, C‑524/15, EU:C:2018:197, punto 35).

29      Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante, una limitazione del diritto fondamentale garantito all’articolo 50 della Carta può essere giustificata sulla base dell’articolo 52, paragrafo 1, della stessa (sentenze del 20 marzo 2018, Menci, C‑524/15, EU:C:2018:197, punto 40 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 22 marzo 2022, Nordzucker e a., C‑151/20, EU:C:2022:203, punto 49).

30      Ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, prima frase, della Carta, eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla stessa Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. In base alla seconda frase del suddetto paragrafo, nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni a tali diritti e libertà solo qualora esse siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.

31      Nella fattispecie, in primo luogo, è pacifico che la possibilità di cumulare procedimenti e sanzioni penali nonché procedimenti e sanzioni amministrative di natura penale è prevista dalla legge, vale a dire dagli articoli 1729 e 1741 del CGI. Se il requisito per il quale ogni limite all’esercizio dei diritti fondamentali dev’essere previsto dalla legge comporta che la base giuridica che consente ingerenze nei diritti fondamentali deve definire essa stessa la portata della limitazione dell’esercizio del diritto di cui trattasi, tale requisito si confonde in ampia misura con le esigenze di chiarezza e precisione derivanti dal principio di proporzionalità (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2020, Facebook Ireland et Schrems, C‑311/18, EU:C:2020:559, punto 180), che sarà esaminato ai punti 34 e seguenti della presente sentenza.

32      Inoltre, una normativa nazionale come quella controversa nel procedimento principale rispetta il contenuto essenziale del diritto fondamentale sancito all’articolo 50 della Carta, giacché, stando alle indicazioni presenti nel fascicolo di cui dispone la Corte, essa consente un siffatto cumulo di procedimenti e di sanzioni soltanto a condizioni fissate in modo tassativo, assicurando quindi che il diritto garantito al suddetto articolo 50 non sia messo in discussione in quanto tale.

33      In terzo luogo, dal fascicolo a disposizione della Corte risulta che tale normativa mira a garantire la riscossione integrale dell’IVA dovuta. Tenuto conto dell’importanza che la giurisprudenza della Corte accorda, al fine di realizzare tale obiettivo, alla lotta contro i reati in materia di IVA, la limitazione del principio del ne bis in idem derivante da una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale risponde ad un obiettivo di interesse generale.

34      Riguardo, in quarto luogo, al principio di proporzionalità, quest’ultimo richiede che il cumulo di procedimenti e di sanzioni previsto da una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, non superi i limiti di quanto idoneo e necessario al conseguimento degli scopi legittimi perseguiti da tale normativa, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (sentenza del 20 marzo 2018, Menci, C‑524/15, EU:C:2018:197, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

35      Una normativa nazionale che prevede la possibilità di un siffatto cumulo di procedimenti e di sanzioni è idonea a realizzare l’obiettivo legittimo di contrastare i reati in materia di IVA al fine di garantire la riscossione integrale dell’IVA dovuta (sentenza del 20 marzo 2018, Menci, C‑524/15, EU:C:2018:197, punto 48).

36      Per quanto riguarda il carattere strettamente necessario di una siffatta normativa nazionale, la Corte ha precisato, ai punti 49, 53 e 55 della sentenza del 20 marzo 2018, Menci (C‑524/15, EU:C:2018:197), che essa deve prevedere norme chiare e precise che, anzitutto, consentano al singolo di prevedere quali atti ed omissioni possano essere oggetto di un siffatto cumulo di procedimenti e di sanzioni, inoltre, garantiscano una coordinazione dei procedimenti finalizzata a ridurre a quanto strettamente necessario l’onere supplementare che comporta un cumulo di procedimenti di natura penale condotti in modo indipendente, e infine permettano di garantire che la severità del complesso delle sanzioni imposte corrisponda alla gravità del reato di trattasi.

37      Il giudice del rinvio si interroga, in primo luogo, sul primo dei requisiti ricordati al punto precedente, il quale, per quanto riguarda il diritto fondamentale garantito dall’articolo 50 della Carta, riflette parimenti il principio di legalità dei reati e delle pene sancito all’articolo 49, paragrafo 1, della Carta. Infatti, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 56 a 58 delle sue conclusioni, quest’ultimo principio si applica al cumulo di una sanzione amministrativa definitiva di natura penale, ai sensi dell’articolo 50 della Carta, e di procedimenti penali, in quanto tale cumulo può sfociare in una conseguenza più grave, per la persona interessata, di quella risultante dai soli procedimenti penali. In particolare, il carico repressivo risultante dal cumulo di sanzioni di natura penale può superare quello previsto dalla legge per un comportamento incriminato, motivo per cui è necessario che ogni disposizione che autorizzi una doppia repressione rispetti i requisiti connessi al principio di legalità dei reati e delle pene quale garantito all’articolo 49, paragrafo 1, della Carta.

38      Orbene, per quanto riguarda il principio di legalità dei reati e delle pene, la Corte ha dichiarato che, sebbene tale principio imponga che la legge definisca chiaramente le infrazioni e le pene che li reprimono, tale condizione si rivela soddisfatta qualora il soggetto sia in grado di sapere, sulla base del dettato della disposizione pertinente e con l’eventuale aiuto dell’interpretazione che ne è data dai tribunali, quali atti ed omissioni implicano la sua responsabilità penale (sentenze del 22 ottobre 2015, AC-Treuhand/Commissione, C‑194/14 P, EU:C:2015:717, punto 40 e giurisprudenza ivi citata, e dell’11 giugno 2020, Prokuratura Rejonowa w Słupsku, C‑634/18, EU:C:2020:455, punto 49).

39      Pertanto, la circostanza che le condizioni richieste per un cumulo di procedimenti e di sanzioni di natura penale non derivino esclusivamente da disposizioni legislative ma anche dalla loro interpretazione da parte dei giudici nazionali non è, di per sé, idonea a mettere in discussione il carattere chiaro e preciso della normativa nazionale, a condizione, tuttavia, che il singolo possa sapere, a partire dal testo delle disposizioni pertinenti e, se necessario, con l’aiuto dell’interpretazione che ne viene data da tali giudici, quali atti e omissioni possano dar luogo a un siffatto cumulo di procedimenti e di sanzioni.

40      Per quanto riguarda il ricorso, da parte del legislatore nazionale, a nozioni generali per determinare le azioni che possono dar luogo a un cumulo di procedimenti e di sanzioni di natura penale, occorre ricordare che la Corte, ai punti 52 e 53 della sua sentenza del 20 marzo 2018, Garlsson Real Estate e a. (C‑537/16, EU:C:2018:193), ha considerato che la normativa nazionale controversa nella causa che ha dato luogo a tale sentenza era sufficientemente chiara e precisa, sebbene tale normativa nazionale faccia dipendere tale cumulo dall’accertamento dell’idoneità delle azioni in parola a provocare una «sensibile alterazione» del prezzo degli strumenti finanziari e, pertanto, dall’interpretazione di una nozione generale richiedente una valutazione di ampia portata da parte dei giudici nazionali.

41      Infatti, dalla giurisprudenza relativa al principio di legalità dei reati e delle pene risulta che tale principio non può essere interpretato come un divieto di graduale chiarimento, da una causa all’altra, delle norme sulla responsabilità penale da parte di un’interpretazione giurisprudenziale, a condizione che il risultato sia ragionevolmente prevedibile al momento della commissione dell’infrazione, alla luce, in particolare, dell’interpretazione vigente a quell’epoca nella giurisprudenza relativa alla disposizione giuridica di cui trattasi (sentenze del 22 ottobre 2015, AC‑Treuhand/Commissione, C‑194/14 P, EU:C:2015:717, punto 41 e giurisprudenza ivi citata, e dell’11 giugno 2020, Prokuratura Rejonowa w Słupsku, C‑634/18, EU:C:2020:455, punto 50).

42      Pertanto, e fatte salve le stesse condizioni, la circostanza che la giurisprudenza nazionale faccia riferimento, nell’ambito della sua interpretazione delle disposizioni legislative pertinenti, a nozioni generali che devono essere progressivamente chiarite non osta, in linea di principio, a che si possa ritenere che la normativa nazionale preveda norme chiare e precise che consentono al singolo di prevedere quali atti e omissioni possano essere oggetto di un cumulo di procedimenti e di sanzioni di natura penale.

43      In tale contesto, occorre inoltre ricordare che la portata della prevedibilità così richiesta dipende in larga parte dal contenuto del testo di cui trattasi, dal settore interessato nonché dal numero e dalla qualità dei suoi destinatari. La prevedibilità della legge non impedisce che l’interessato sia portato a ricorrere a un illuminato parere legale al fine di valutare, in una misura ragionevole in base alle circostanze della causa di cui trattasi, le conseguenze che possono risultare da un atto determinato. Ciò vale in particolare per i professionisti, abituati a dover dare prova di grande prudenza nello svolgimento del loro lavoro. Così, ci si può attendere da loro una cura particolare nel valutare i rischi che esso comporta (v., in tal senso, sentenze del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punto 219 e giurisprudenza citata; del 22 ottobre 2015, AC-Treuhand/Commissione, C‑194/14 P, EU:C:2015:717, punto 42, e del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 166).

44      Nel caso di specie, sebbene spetti al giudice del rinvio verificare se la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale rispetti i requisiti di chiarezza e di precisione ricordati al punto 36 della presente sentenza, spetta alla Corte fornire indicazioni utili al riguardo per consentire a quest’ultimo di dirimere la controversia di cui è investito [v., per analogia, sentenza del 22 giugno 2021, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Effetti di un provvedimento di allontanamento), C‑719/19, EU:C:2021:506, punto 82 e giurisprudenza citata].

45      Orbene, anzitutto, dalle indicazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che l’articolo 1729 del CGI prevede le condizioni alle quali dissimulazioni fraudolente o omissioni dichiarative in materia, in particolare, dell’IVA possono dar luogo all’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale. Conformemente all’articolo 1741 del CGI e alle condizioni previste da tale disposizione, siffatte condotte possono, «indipendentemente dalle sanzioni tributarie applicabili», essere parimenti passibili di una sanzione penale e di una pena detentiva.

46      Inoltre, il Conseil constitutionnel (Consiglio costituzionale) ha dichiarato che il cumulo di procedimenti e di sanzioni previsti da tali articoli può applicarsi solo nei casi più gravi di dissimulazione fraudolenta di somme soggette ad imposta o di omissioni dichiarative, precisando al contempo che tale gravità può risultare dall’importo delle imposte evase, dalla natura dei comportamenti della persona perseguita o dalle circostanze in cui sono intervenuti. Orbene, fatta salva la valutazione del giudice del rinvio, una siffatta interpretazione effettuata da tale giudice alla luce del principio di proporzionalità non appare, di per sé, imprevedibile.

47      Infine, il giudice del rinvio rileva di aver già applicato più volte la giurisprudenza del Conseil constitutionnel (Consiglio costituzionale) di cui al punto precedente, avendone quindi precisato ulteriormente la portata. Spetta al giudice del rinvio verificare se, alla luce di tali precedenti giurisprudenziali, fosse ragionevolmente prevedibile per BV, al momento in cui erano commessi i fatti di cui trattasi nel procedimento principale, che questi ultimi potessero dar luogo a un cumulo di procedimenti e di sanzioni di natura penale ai sensi degli articoli 1729 e 1741 del CGI.

48      In tale contesto, la circostanza che BV avrebbe dovuto, se del caso, ricorrere all’assistenza di un consulente legale per valutare le possibili conseguenze dei fatti contestatigli alla luce delle condizioni di applicazione del cumulo di procedimenti e di sanzioni di natura penale previsto da tali articoli, come interpretati dai giudici nazionali, non è idonea, conformemente alla giurisprudenza richiamata al punto 43 della presente sentenza, a mettere in discussione il carattere chiaro e preciso della normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale. Ciò vale a maggior ragione per BV, in quanto sembra aver commesso detti atti nell’ambito della sua attività professionale di esperto contabile.

49      In secondo luogo, il giudice del rinvio si interroga sul terzo requisito di cui al punto 36 della presente sentenza, derivante tanto dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta quanto dal principio di proporzionalità delle pene sancito all’articolo 49, paragrafo 3, di quest’ultima, il quale implica per le autorità competenti l’obbligo, in caso di irrogazione di una seconda sanzione, di garantire che la severità dell’insieme delle sanzioni inflitte non ecceda la gravità dell’infrazione accertata (v., in tal senso, sentenza del 20 marzo 2018, Garlsson Real Estate e a., C‑537/16, EU:C:2018:193, punto 56).

50      A tal riguardo, occorre precisare che, secondo la giurisprudenza ricordata al punto 36 nonché al punto precedente della presente sentenza, tale requisito si applica, senza eccezioni, a tutte le sanzioni inflitte cumulativamente e, pertanto, tanto al cumulo di sanzioni di uguale natura quanto al cumulo di sanzioni di natura diversa, come quello delle sanzioni pecuniarie e delle pene detentive. La mera circostanza che le autorità competenti intendano imporre sanzioni di natura diversa non può esonerarle dall’obbligo di assicurarsi che la severità dell’insieme delle sanzioni inflitte non ecceda la gravità dell’infrazione constatata, risultando altrimenti violato il principio di proporzionalità.

51      In tali circostanze, la Corte ha dichiarato, al punto 60 della sentenza del 20 marzo 2018, Garlsson Real Estate e a. (C‑537/16, EU:C:2018:193), che tale requisito di proporzionalità non è rispettato da una normativa che prevede, per il cumulo di una sanzione penale e di una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale, che il recupero della prima sia limitato alla parte eccedente l’importo della seconda, senza prevedere una regola siffatta anche per il cumulo di una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale e di una pena detentiva.

52      Nel caso di specie, sebbene, conformemente alle indicazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio abbia già statuito, basandosi su considerazioni di proporzionalità, che l’importo totale di una sanzione inflitta in caso di cumulo di sanzioni non deve superare l’importo più elevato di una delle sanzioni irrogate, lo stesso giudice ha precisato che detta limitazione si applica solo a sanzioni della stessa natura, vale a dire a sanzioni pecuniarie. Orbene, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 103 delle sue conclusioni, una limitazione del genere non è idonea a garantire la corrispondenza tra la gravità dell’infrazione e la severità dell’insieme delle sanzioni inflitte qualora una sanzione pecuniaria sia cumulata con una pena detentiva.

53      Con riferimento al rilievo effettuato dal governo francese dinanzi alla Corte secondo cui il giudice penale è tenuto a rispettare il principio di proporzionalità delle pene, che gli conferisce il potere di modulare la sanzione penale in funzione delle circostanze del caso di specie, dalla giurisprudenza richiamata ai punti 36 e 49 della presente sentenza risulta, da un lato, che le autorità competenti hanno l’obbligo di garantire che la severità dell’insieme delle sanzioni inflitte non ecceda la gravità dell’infrazione constatata e, dall’altro, che tale obbligo nazionale deve risultare, in maniera chiara e precisa, dalla normativa nazionale di cui trattasi.

54      Spetta al giudice del rinvio verificare se tali circostanze ricorrano nel caso di specie, tenendo conto del fatto che esso ha dichiarato, basandosi anche su considerazioni di proporzionalità, che la limitazione di cui al punto 52 si applica solo al cumulo di sanzioni della stessa natura.

55      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni pregiudiziali che il diritto fondamentale garantito all’articolo 50 della Carta, in combinato disposto con l’articolo 52, paragrafo 1, della stessa, deve essere interpretato nel senso che esso

–        non osta a che la limitazione del cumulo di procedimenti e di sanzioni di natura penale in caso di dissimulazioni fraudolente o di omissioni dichiarative in materia di IVA, previsto da una normativa nazionale, ai casi più gravi, risulti solo da una giurisprudenza consolidata che interpreta, in maniera restrittiva, le disposizioni di legge che definiscono le condizioni di applicazione di tale cumulo, a condizione che sia ragionevolmente prevedibile, al momento in cui il reato è commesso, che tale reato può comportare un cumulo di procedimenti e di sanzioni di natura penale, ma

–        osta a una normativa nazionale che, in caso di cumulo di una sanzione pecuniaria e di una pena detentiva, non garantisce con norme chiare e precise, eventualmente quali interpretate dai giudici nazionali, che l’insieme delle sanzioni inflitte non ecceda la gravità del reato accertato.

 Sulle spese

56      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

Il diritto fondamentale garantito all’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in combinato disposto con l’articolo 52, paragrafo 1, della stessa, deve essere interpretato nel senso che esso

–        non osta a che la limitazione del cumulo di procedimenti e di sanzioni di natura penale in caso di dissimulazioni fraudolente o di omissioni dichiarative in materia di imposta sul valore aggiunto (IVA), previsto da una normativa nazionale, ai casi più gravi, risulti solo da una giurisprudenza consolidata che interpreta, in maniera restrittiva, le disposizioni di legge che definiscono le condizioni di applicazione di tale cumulo, a condizione che sia ragionevolmente prevedibile, al momento in cui il reato è commesso, che tale reato può comportare un cumulo di procedimenti e di sanzioni di natura penale, ma

–        osta a una normativa nazionale che, in caso di cumulo di una sanzione pecuniaria e di una pena detentiva, non garantisce con norme chiare e precise, eventualmente quali interpretate dai giudici nazionali, che l’insieme delle sanzioni inflitte non ecceda la gravità del reato accertato.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.